Il suo primo orgasmo… nella mia bocca e nel mio culo. Era giovane, forse ventidue anni, non di più. Quando ha bussato alla mia porta, ho capito subito: non era come gli altri. Non era arrogante né sicuro di sé. Era timido, nervoso, con le mani fredde e lo sguardo basso. Proprio come mi piace. Perché con i ragazzi così, posso essere io stessa. Posso guidare, insegnare, dominare e farli esplodere.
Si è seduto sul bordo del divano, guardando intorno come se non credesse che tutto questo fosse reale. Mi sono avvicinata, lentamente, e mi sono seduta accanto a lui. Ha distolto subito lo sguardo. Gli ho parlato con voce dolce, chiedendogli come si chiamasse, da dove venisse. Rispondeva sottovoce. Poi ha taciuto. Allora ho preso l'iniziativa.
L'ho baciato sulla guancia e ho fatto scivolare la mano lungo l'interno della sua coscia. Ha tremato. Il respiro è diventato irregolare. I suoi jeans già nascondevano un’erezione, e quando li ho sbottonati, ho visto qualcosa che adoro: un cazzo bello, non enorme, ma perfettamente proporzionato, come nei miei sogni più sporchi.
Ho passato la lingua sul suo membro, lentamente, e lui ha chiuso gli occhi, come se fosse troppo. Ci siamo accarezzati, lasciando che mi toccasse il seno, le cosce, il collo. Ma quando ha cercato di penetrarmi, qualcosa non andava. È entrato. Ma si è fermato.
Io mi muovevo, gemevo, mi agitavo sotto di lui. Ma lui non riusciva a venire. Si impegnava, mi guardava, respirava forte. Ma niente. Come se fosse bloccato.
Per venti minuti abbiamo provato di tutto: sopra, di lato, da dietro. Ma diventava sempre più frustrato. Finché non ha sussurrato, con voce rotta:
— Scusami… non capisco cosa mi succede.
Mi sono avvicinata al suo orecchio e ho sussurrato:
— Lascia fare a me.
Lui ha annuito.
Ho preso un plug in silicone, l’ho cosparso di olio, e l’ho spinto delicatamente nel suo culo. Ha tremato, ma non si è opposto. Il suo viso era teso, ma quando la probetta è entrata tutta, ha emesso un lungo sospiro. Ho visto il suo cazzo fremere.
Mi sono seduta su di lui. Il mio culo ha accolto il suo cazzo con tutta la sua lunghezza. Lui ha gemuto. Ho cominciato a muovermi, lentamente, come onde. Premendo, strusciando, sentendo ogni pulsazione. Il plug dentro di lui si muoveva con ogni colpo. I suoi occhi si rovesciavano. Io ero il suo mondo, la sua padrona, il suo tutto.
Gli tenevo il petto, controllavo il ritmo. Lui mi stringeva le cosce. Poi, improvvisamente, ha tirato fuori il cazzo dal mio culo, si è messo in ginocchio… e ha affondato il viso tra le mie chiappe.
Ha cominciato a leccare — con la lingua, le labbra, con tutto se stesso. Non mi stava solo leccando: mi stava divorando. Il mio buco, ancora lubrificato e sporco del suo piacere, era tutto per lui. Succhiava, annusava, graffiava con la barba. Io gemevo, tremavo. E lui, come un cucciolo affamato, non si fermava.
Poi ha alzato lo sguardo, occhi lucidi, e ha sussurrato:
— Posso… provare il tuo?
Ho aperto leggermente le gambe. Lui ha preso il mio cazzo tra le labbra. Piano. Incerto. Non ho detto nulla. L’ho lasciato fare. Ha succhiato, ha passato la lingua sul glande, ha risucchiato di nuovo. All’inizio era goffo. Ma imparava in fretta. La sua mano mi accarezzava la vita. Ha cominciato a succhiare più a fondo, più sicuro. Gli tenevo la testa. Quando ho venuto — non si è staccato.
Ha ingoiato tutto. Ogni goccia.
E io, in ginocchio sul divano, esausta, l’ho guardato. Lui era ancora lì, ai miei piedi, col mio sapore sulle labbra.
— Era la mia prima volta… — ha sussurrato, con gli occhi rivolti verso l’alto.
Gli ho accarezzato la guancia con un dito e gli ho detto:
— Sei stato perfetto, tesoro.
E in quel momento ho capito: non gli avevo dato solo del sesso. Gli avevo dato libertà.
