«Una botta. 30 minuti. Quanto?»
Nessuna presentazione, nessuna esitazione. Solo l’urgenza di chi ha appena trovato il coraggio di cercare ciò che desidera davvero.
Gli risposi subito. Pagamento anticipato. Nessuna chiacchiera. Lo rispetto.
Quando aprii la porta, capii all’istante che era molto più giovane di me. Forse appena diciottenne. Ma il suo corpo non mentiva: pelle sottile, muscoli acerbi, quel tipo di tensione nei movimenti che tradisce il desiderio impacciato. Teneva la giacca tra le mani, senza sapere dove appoggiarla. Profumava di fresco, come una maglietta nuova appena uscita dalla confezione.
«Entra», dissi.
Si guardò intorno con aria dubbiosa.
«È tutto qui?»
«Cosa ti aspettavi? Luci rosa e musica porno?»
Sorrise appena, con la bocca. Ma gli occhi vagavano ancora, incerti. Io ero già pronta: calze nere autoreggenti, tacchi alti, vestaglia aperta sul corpo nudo, capelli raccolti, trucco leggero ma provocante. Il mio corpo parlava prima ancora che aprissi bocca.
«Spogliati», gli dissi. «Dove vuoi.»
Obbedì in silenzio. Si tolse giacca e maglietta. Il petto era ancora liscio, senza peli. I fianchi stretti, il ventre piatto. Quando abbassò i jeans, il suo cazzo era già duro. Un’erezione giovane, viva, fiera. Niente fronzoli. Solo eccitazione.
Mi voltai, lasciai cadere la vestaglia. Rimasi completamente nuda davanti a lui: il seno sodo, il glande lucido, il culo brillava leggermente di lubrificante.
«È la tua prima esperienza con trans?» chiesi.
Annuì.
«Prima volta in assoluto.»
Mi avvicinai con calma, facendo scivolare le dita sul suo addome, poi più in basso, fino all’interno coscia. Tremava.
«Rilassati», sussurrai. «È solo sesso.»
«Con te non sembra ‘solo’.»
Quella frase mi colpì in un punto profondo. Gli porsi un preservativo. Le sue mani tremavano, così fui io a infilarlo. Lo srotolai lentamente. Mi sdraiai di lato, sollevando una gamba. Lui si posizionò dietro, esitò solo un secondo, poi mi penetrò. Piano, ma deciso.
«Tutto bene?»
«Meglio di quanto immaginassi. Muoviti.»
I suoi movimenti erano incerti, ma sinceri. Il desiderio era vero, senza filtri. Non c’era violenza. C’era fame, voglia. Le sue palle sbattevano contro la mia pelle ad ogni affondo. Sentivo che stava per venire — era chiaro che non avrebbe resistito a lungo. Non era colpa sua. Era la prima volta. La sua prima esperienza con trans, e il suo corpo non sapeva ancora mentire.
«Posso?»
«Certo. È la tua botta. Vieni come vuoi.»
Pochi secondi dopo si fermò, il corpo teso. Mi strinse con forza, il cazzo pulsava dentro il preservativo. Respirava lentamente, profondamente, come se avesse appena corso per chilometri. Si sfilò piano, guardando il profilattico con occhi stupiti. Come se contenesse una vittoria.
Stava per andare a pulirsi, ma lo fermai.
«Dammi il cazzo. Lo pulisco io.»
Mi inginocchiai. Lo presi tra le labbra. Non lo succhiavo. Lo leccavo piano. Con rispetto. Con desiderio. Raccoglievo ogni goccia di sperma, di sudore, di emozione. Il gusto… lo riconosco subito. Ed era diverso. Giovane. Quasi dolce. Come latte caldo e pelle nuova.
Lo guardai negli occhi.
«Hai lo sperma più buono che abbia mai assaggiato.»
Arrossì. Mi sedetti accanto a lui sul letto, ancora nuda. I suoi occhi erano pieni di cose che non sapeva dire.
«Mancano ancora dieci minuti», gli dissi. «Vuoi rifarlo?»
Esitò.
«Ma avevo chiesto solo una volta…»
«È un regalo. Solo perché sei giovane. E mi sei piaciuto.»
Il suo cazzo era già di nuovo duro. Non mi sorpresi. I ragazzi così non hanno pause. Mi sedetti sopra di lui, guidandolo dentro di me. Questa volta lo guardavo dall’alto. Le sue mani mi stringevano i fianchi, i suoi occhi non lasciavano mai i miei.
«Sei… incredibile.»
«Lo so.»
Mi muovevo con lentezza, con padronanza. Il suo cazzo era caldo dentro di me, vivo. Lui cercava di trattenersi, ma sapevo che non avrebbe resistito. La seconda volta arrivò in un gemito rotto. Il suo corpo tremava, io lo tenevo stretto contro di me, godendo di ogni suo spasmo.
Quando mi alzai, sfilai il preservativo e lo gettai via. Mi avviai al bagno, sentendo il calore del suo seme ancora dentro. Il mio culo brillava leggermente sotto la luce.
Quando tornai, era già vestito. Alla porta si voltò.
«Posso tornare?»
«Certo. Ma non sarà più gratis.»
Sorrise.
«Ti penserò ogni volta che mi masturbo.»
Non risposi. Solo un sorriso, silenzioso e complice.
Poi, da sola, passai un dito tra le chiappe.
C’era ancora una goccia. La portai alle labbra.
Sì. Dolce.
Ne era valsa la pena.
🖤 Vuoi provarlo anche tu? Scrivimi. Ti riuscirà sicuramente.
Questa storia è successa a Piacenza, in Emilia-Romagna
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